Fëdor e il mistero della fede

La leggenda del Grande Inquisitore – Fëdor Michailovič Dostoevskij

Tutti prima o poi nella vita, per motivi differenti, si pongono la domanda: “Dio esiste?” Ovviamente la risposta non è uguale per ognuno di noi e porta a conseguenti riflessioni.
Potevamo quindi non portare su questa pagina lo scrittore russo più riflessivo del 1800?

All’interno de I fratelli Karamazov, Dostoevskij nasconde una delle sue pagine più potenti: la leggenda del Grande Inquisitore. È Ivan Karamazov a raccontarla al fratello Alëša, trasformando il dialogo tra loro in una riflessione vertiginosa sulla fede, sulla libertà e sul bisogno umano di credere.

L’azione si svolge in Spagna più precisamente a Siviglia nel periodo buio dell’Inquisizione.
Gesù Cristo decide di tornare prima del tempo sulla Terra, proprio nel momento e nel luogo in cui i roghi sui quali vengono bruciati gli eretici non si estinguono mai. 
Il popolo lo riconosce immediatamente pur non avendolo mai veduto, é amato ed acclamato dalla folla che si apre al suo passaggio.
Un vecchio, cieco sin dalla nascita, chiede di poter finalmente vedere il mondo circostante ed immediatamente delle scaglie cadono dai suoi occhi donandogli la vista.

“In mezzo alla folla, un vecchio cieco da che era bambino grida: «Guariscimi Signore, e anch’io Ti vedrò!»; subito dagli occhi gli cadono come delle squame e il cieco Lo vede!”

Giunto sul sagrato della cattedrale di Siviglia, il cammino di Gesù si arresta per lasciar passare un corteo funebre. L’unica figlia di un importante notabile della città è morta da poco e ne stanno celebrando le esequie.
Il popolo Lo acclama perchè riporti tra i vivi la piccola e così la madre, che Gli si getta ai piedi per supplicarlo.

La morticina è coperta di fiori. «La resusciterà Lui, tua figlia!» gridano tra la folla alla madre che piange. Il sacerdote uscito ad accogliere il feretro osserva perplesso e accigliato. Di colpa un grido: è la madre della piccola defunta. Si getta ai Suoi piedi: «Se davvero sei Tu, resuscita la mia bambina!» esclama tendendo a Lui le braccia. La processione si ferma, la bara viene posata sul sagrato, ai suoi piedi. Lui la guarda con compassione, le sue labbra pronunciano piano, per l’ennesima volta: «Talitha kumi» e «la fanciulla si alza». La bambina si solleva dentro la bara, si mette seduta e si guarda intorno, sorridente, con gli occhi sgranati e stupiti.”

La nuova venuta del Signore non è però accolta con entusiasmo da tutti, un vecchio cardinale che osserva questa scena da lontano ordina alle guardie del suo seguito di arrestarlo e portarlo in prigione: è il Grande Inquisitore.

“Nelle tenebre più scure, di colpo la porta di ferro della prigione si spalanca e il vecchio inquisitore in persona fa lentamente il suo ingresso con il lume in mano. È solo, la porta si richiude alla svelta alle sue spalle. Si ferma sulla soglia e da lì, a lungo, per un minuto o forse due, lo fissa. Alla fine si avvicina pian piano, poggia il lume sul tavolo e gli dice: «Sei davvero tu? Sei tu?» E siccome non ottiene risposta, subito aggiunge: «Non rispondere, zitto. Tanto, cosa potresti dire? Lo so fin troppo bene, anzi, cosa diresti. Mentre non ha il diritto di aggiungere una sola parola a quanto hai già detto. Perché sei venuto ad intralciarci?»”.

Sono queste le battute iniziali del monologo del Grande Inquisitore, infatti l’uomo a cui si rivolge si limita a guardarlo con sguardo dolce e compassionevole, senza peró mai rispondergli.
I due grandi temi che il Grande Inquisitore espone e commenta sono il libero arbitrio dell’uomo e la lotta tra il bene e il male.
Il sacerdote muove accuse al Signore per aver lasciato l’uomo, essere vile e inetto, a disporre della propria libertà; egli pensa che se il suo interlocutore avesse accettato di mostrarsi come Dio, scegliendo di sottoporsi alle tre prove a cui Satana l’aveva indotto nel deserto, l’essere umano sarebbe stato felice. Infatti avrebbe creduto certamente nell’esistenza di Dio, e invece Egli ha deciso di donare all’umanità la libertà di credere in Lui tramite la fede.
Il Grande Inquisitore sostiene che questa libertà sia diventata un fardello per gli uomini e che la cederebbero volentieri in cambio di pace e serenitá sotto un’unica guida. 

L’Inquisitore è convinto che, per rendere l’uomo felice, sia necessario ingannarlo. Secondo il suo pensiero l’essere umano deve essere tenuto sotto controllo attraverso miracoli, misteri e autorità: stupito dal potere del sovrumano (il miracolo), confuso da ciò che non può capire (il mistero) e, se si ribella, costretto a sottomettersi di nuovo (l’autorità). Bisogna mentirgli, facendogli credere di essere libero, nel nome di quel Dio che ha versato il suo sangue proprio per la libertà dell’uomo.

L’Inquisitore si presenta come un benefattore, colui che salva l’umanità liberandola dal peso della libertà e offrendo, in cambio, la sicurezza del potere. Crede di fare del bene, perché priva l’uomo della fatica di scegliere.
Il suo pensiero non è isolato: ieri come oggi, c’è chi lo condivide. In una società costruita su questa idea, l’umanità si divide tra pochi che hanno il coraggio di scegliere e molti che soffrirebbero se fossero lasciati liberi. È una società rigidamente gerarchica, dove chi sta al vertice decide cosa è giusto e cosa è sbagliato, chi deve essere condannato e chi merita di essere assolto.
Il discorso del Grande Inquisitore risulta cinico e brutale, sembra non esserci nessun tipo di amore e carità cristiana in lui. È la perfetta incarnazione del pessimismo e dell’uomo privo di ogni speranza. Solo a questo punto si mostra tutta la spiritualità che pervade l’opera di Dostoevskij: Cristo senza dire una parola si alza dal suo giaciglio e bacia in fronte il Grande Inquisitore, lasciandolo senza più parole.

Un bellissimo testo che può essere letto a se stante, ma che consiglio venga letto come capitolo all’interno dell’opera de I Fratelli Karamazov.
Vi farà appassionare, ma soprattutto che voi crediate in Dio o meno, Vi farà sicuramente riflettere sulla condizione dell’umanità oggi come allora.

Siete pronti a immergervi nella vita familiare di questi tre fratelli?

Elisa Scarlatini

Citazioni tratte da Fëdor Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, Einaudi, Torino 2021

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